Una presa di coscienza immediata

Intervista a Giovanna Pietrobon

ex borsista in Francia nel 1998-1999, ufficio Presidenza Venice International University

Questa è una delle 17 interviste a ex partecipanti ai programmi di Intercultura che attualmente si occupano di progetti "sostenibili" che rispondono agli obiettivi proposti dalle Nazioni Unite con l'Agenda 2030. Intercultura ha aderito all'Alleanza Italiano per lo sviluppo Sostenibile (ASVIS), l'iniziativa nata per far crescere nella società italiana la consapevolezza dell'importanza dell'Agenda globale per lo sviluppo sostenibile.


OBIETTIVO 4 - Istruzione di qualità: Fornire un’educazione di qualità, equa ed inclusiva, e opportunità di apprendimento per tutti.


Intervista a Giovanna Pietrobon, ex borsista in Francia nel 1998-1999. Una padovana trasferita a Venezia. Se ripensa a tutto quello che ha fatto, le sembra strano avere solo 40 anni. Ma bene così, ne restano altrettanti, spera, per continuare a viaggiare, fotografare, scoprire posti nuovi e abbracciare amici come ha potuto fare fino ad adesso.





Cos’è la Venice International University (VIU) e di cosa si occupa? Qual è il tuo ruolo?
La Venice International University è un’Istituzione unica nel panorama accademico internazionale. Raggruppa 20 Atenei provenienti da varie parti del mondo che hanno istituito, sull’isola di San Servolo a Venezia, un campus comune.
I programmi di studio proposti vengono decisi da un Consiglio Accademico composto dai vari Atenei che compongono la VIU. La lingua istituzionale è l’inglese, ma per i corridoi se ne sentono molte altre. Io lavoro nell’ufficio Affari Istituzionali. Da un lato quindi collaboro direttamente con il Presidente della VIU, dall’altro ho contatti con tutti gli Uffici di Presidenza o i Rettorati delle Università partner.


L’obiettivo 4 dell’Agenda 2030 vuole raggiungere un’educazione di qualità, equa e inclusiva: in che modo la VIU si collega a questo obiettivo?
VIU, insieme ai suoi membri, mira a contribuire alla crescita di conoscenza, comprensione e competenze e a rispondere alle sfide più rilevanti, attuali e future, che l’umanità si trova ad affrontare: i fenomeni ambientali, sociali, culturali e tecnologici e i loro impatti locali. Per parte mia, credo che poter studiare in un contesto così internazionale sia una buona base di partenza. Il confronto che si può avere con gli altri studenti, ma anche con il corpo docente può permettere un avvicinamento a determinate tematiche che spesso “nella loro quotidianità” i ragazzi possono avere difficoltà ad affrontare.

Quali sono secondo te le azioni o le politiche che l’Italia dovrebbe mettere in atto per aumentare considerevolmente il numero di giovani e adulti con competenze specifiche per l’occupazione e garantire conoscenze necessarie a promuovere lo sviluppo sostenibile?
Credo che il tutto debba partire da un deciso miglioramento al supporto dato alle famiglie (siano esse tradizionali, arcobaleno, monoparentali o senza figli). Da quando è nata mia figlia sono entrata in una “realtà parallela” e spesso mi sono trovata a riflettere su come sia difficile garantire o accedere a determinati standard qualitativi.
Le notizie con le quali ci confrontiamo giornalmente sono infinite e tutti vogliamo offrire il massimo ai nostri figli, nipoti e più in generale a chi verrà dopo di noi. Ma questo si scontra con il tempo e il denaro a disposizione e, naturalmente, con l’ambiente e le risorse delle città in cui viviamo.
Se il tessuto familiare riuscisse a offrire al bambino, che poi diventerà un giovane e un adulto, la tranquillità (penso tra le tante quella economica, per scongiurare l’abbandono scolastico) e l’accesso a una scuola e a un pensiero formanti, forse saremmo già a buon punto.


L’occupazione e il mercato del lavoro sono in continua evoluzione così come l’offerta formativa proposta dalle Università e a volte quello che ne emerge è solo un grande caos. Credo che il nostro Paese abbia tutte le carte in regola: “è intelligente, ma non si applica”. Quante volte ce lo siamo sentiti dire?
Invece adesso bisogna proprio far vedere che siamo desiderosi di mettere in pratica quello che abbiamo imparato.
Lo sviluppo sostenibile è composto da tre elementi: economico, sociale ed ecologico e questi devono avanzare coesi altrimenti non vi sarà alcun miglioramento all’interno della nostra società.


Quanto ti ha influenzato l'esperienza nel 1998 in Francia con Intercultura e il tuo percorso come volontaria?
Quanti anni sono passati! L’anno all’estero ti cambia nel profondo, per me è stata una presa di coscienza immediata. Rientri che tutto ti va stretto (e non solo gli abiti). La tua mente lavora senza sosta, vorresti fare mille cose. Gli anni di volontariato che ne sono seguiti sono stati una buona occasione per rivivere e rielaborare la mia esperienza. Chi partiva e chi ospitava era mosso da un moto comune: possiamo provenire da paesi diversi, avere abitudini, lingue differenti, ma tutti vivremo un’esperienza che ci farà crescere e vedere le cose in maniera simile.
Credo che l’esperienza con Intercultura ti metta su un percorso, poi la vita ti riserva sempre delle sorprese, ma in tasca si hanno moltissime cartucce. In primis, quella dell’adattabilità, che non vuol dire farsi andare bene tutto, ma capire come trovare il lato positivo, quale insegnamento apprendere e quale scartare, senza timore, per trovare il proprio posto.


Cosa diresti alle ragazze e ai ragazzi che stanno iniziando la loro esperienza all’estero?
Vi hanno dato questa opportunità? Coglietela. Sarà dura? Sì.
Ma vi auguro di cuore di andare oltre la tristezza di alcuni giorni, le difficoltà linguistiche, la solitudine. A 16 anni (ma a volte anche dopo) non è semplice lasciare il nostro tran tran. Non è pigrizia, non è neppure una questione di carattere è solo che si pensa di avere altre occasioni. E sicuramente ci saranno, ma diverse. Questa è unica.
Quindi partite e tra le tante cose che metterete in valigia aggiungete un bellissimo quaderno che vi servirà da diario e della carta da lettere. Forse non se ne trova più, ma basta anche un semplice foglio e scrivete a tutti. Un’e-mail o un messaggio non hanno lo stesso “peso sul cuore”, né per voi né per chi li riceverà.

Intervista a Giovanna Pietrobon

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