Spalancare le porte e il cuore

Gina Brugali

mamma di studenti partiti per l'estero e di studenti accolti in Italia

Quando nostra figlia ci chiese di partecipare all'incontro per la presentazione per i programmi di studio all'estero non sapevamo che scegliendo Intercultura saremmo diventati parte di una così grande famiglia.


In questi tempi malati di odio e prevaricazione mi è davvero necessario ricordare che l'ambizioso e grandioso progetto di pace legato ai programmi di Intercultura fu per me e la mia famiglia una grande illuminazione. Conoscere le differenti culture, viverle dal di dentro è decisamente il primo passo per comprenderne le diversità e farne punti di forza per aprirsi a nuove e stimolanti prospettive.


La scelta di ospitare studenti avvenne dunque sull'onda di quello stesso entusiasmo. Ospitare, inoltre, ci dava l'occasione di avere un po' di mondo in casa e al tempo stesso di rendere più concreta e visibile l'esperienza delle nostre figlie lontane.


Ho scritto come in un piccolo racconto un ricordo di ognuno dei nostri figli, per rendere omaggio alla loro bellezza e al loro coraggio di giovani viaggiatori.


Elisa (Germania) un mattino, dopo qualche settimana dal suo arrivo nella nostra famiglia, mentre usciva di casa con mio marito Fabio per andare alla fermata dell'autobus scolastico mi salutò con un bacio buttando lì un"Ciao Mà!" che mi disintegrò. Per un periodo infinito rimasi scomposta sul terrazzo di casa a piangere come una bambina.
Mia figlia Sofia quell'anno era borsista in Messico e il mio primo pensiero fu che magari anche lei potesse chiamare Mà un'altra madre.
Credo di essere diventata mamma di Elisa proprio in quel lunghissimo momento, sul terrazzo di casa, in un ancora tiepido mattino di settembre.


Naz (Turchia) arrivò a gennaio, vivace, testarda e viziata come pochi. Fu un parto difficile con lei, ruvida e saccente, sospettosa e pigra ma capace di abbracci profumati d'amore da togliere il fiato. Un giorno, all'arrivo della sua famiglia in visita presso di noi cantammo tutti insieme "Stand by me". Ho ancora il magone quando ci penso…


Con Enrico (Brasile) fu amore a prima vista. 50 chili di uomo e alla sua prima cotta affittai una macchina (la nostra era scassata) per portarlo a Milano dove avrebbe incontrato la sua amata, conosciuta in un campo di Intercultura. Nemmeno un bacio scambiato eppure al ritorno scrivemmo una canzone d'amore e di speranza.

Poi arrivò Rara (Indonesia) con il suo immancabile hijab e la sua passione per le lasagne. Insieme attraversammo l'incredibile notte del gelicidio. Fabio, per via della religione di Rara, non potè mai vederle i capelli. Dopo la sua partenza dall'Italia trovammo una scatolina. Dentro, insieme ad una lettera meravigliosa, una lunga ciocca di capelli neri tagliati per mostrarli e donarli a lui.

Adesso con noi c'è Bam Bam (Thailandia), giunta per un cambio famiglia nel bel mezzo del nostro movimentato e complicato trasloco. Le prime parole imparate da Bam sono state "ho fame", "ho freddo", "ho sonno" per tranquillizzarci sul suo spiccato istinto di sopravvivenza. Timida e apparentemente fragile, bravissima nel disegno, sta mostrando con il tempo la sua forza e una grande determinazione.

Non posso non citare Muharrem (Curdo ma residente in Italia) arrivato da noi non con Intercultura, ma per quello che Intercultura ci ha insegnato: che l'amore non ha confini e che essere genitori va ben aldilà dell'appartenersi.

Non è sempre facile però.
Abituarsi a una persona in più da un giorno all'altro, che parla un'altra lingua, che piange per la nostalgia di casa a Natale e sbaglia spesso le fermate dell'autobus.
Non è facile quando ti guarda e non ti capisce, quando la guardi e non capisci.


Non è facile quando vive i tuoi fallimenti e i tuoi lutti, quando sei stanco, ma alle 2 di notte devi andarla a prendere in discoteca o quando devi fare quadrare i conti che non quadrano mai...


Non è facile quando la sua stanza sembra un campo di battaglia, quando preferisce starsene in disparte, quando tu hai preparato la cena e non ha fame...

Non è sempre facile perché non è facile essere genitori, ancor più quando i figli sono adolescenti. Perché insegnare la vita e le sue contraddizioni ci sfianca, ci affanna, ci consuma.


Poi, come solo i figli sanno fare, ci sorprendono, ci divertono, si muovono per il mondo con disinvoltura e curiosità, girano per le antiche città con stupore e avidità, impastano biscotti e amicizie, discutono di diritti civili e si colorano i capelli e le idee di arcobaleno, studiano e affrontano le mille difficoltà con coraggio e un po' di paura.


Non è sempre facile, lo so, ma spalancare le porte e il cuore a questi ragazzi spavaldi e imbranati, goffi e impudenti, imparare la vita anche attraverso i loro occhi e i loro sforzi, non solo ci rende genitori più aperti e tolleranti. Ci spinge soprattutto a diventare persone migliori.

Grazie ragazzi, grazie Intercultura, grazie ai miei figli naturali che sono sempre straordinari fratelli, grazie alle famiglie che allargano i propri orizzonti!

Gina Brugali

mamma di studenti partiti per l'estero e di studenti accolti in Italia

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