Perché partire

Carlotta

Da Roma in Thailandia per un anno

Perché sei partita? Eccola, la domanda che mi è stata rivolta come minimo mezzo milione di volte da quando ho lasciato l'Italia per la mia vita in Thailandia. Una domanda formata da tre parole e spesso accompagnata da un sopracciglio alzato ed un'espressione tra il curioso e il perplesso. Ed ogni volta non so neanche cosa rispondere, perché come si spiega a qualcuno che non l'ha mai fatto cosa significa abbandonare tutto e ricominciare da capo dall'altra parte del mondo?
La risposta più vicina alla verità che mi sia mai capitato di dare è stata "Per mettere tutto in gioco", il che è solo una parte di questa straordinaria esperienza che è vivere all'estero. Partire è però stata la miglior decisione che avessi potuto prendere, decisamente.
Intercultura mi ha regalato l'opportunità di crearmi una nuova vita, di scoprire una nuova parte del mondo, una nuova cultura, una nuova lingua, nuove persone, nuove usanze e tradizioni. Mi ha dato l'occasione di tornare bambina in un mondo di cui conoscevo a malapena l'esistenza e che ho dovuto imparare di nuovo, passo dopo passo e sbaglio dopo sbaglio, mi ha accompagnata in questo pazzo ma bellissimo salto nel vuoto.
Intercultura mi ha dato la possibilità e la Thailandia mi ha dato tutto il resto, diventando una seconda casa. All'inizio lo shock culturale è stato consistente - togliere le scarpe prima di entrare in aula o in casa, inchinarsi per salutare le persone, il caldo asfissiante, il cibo piccantissimo, l'assenza di acqua calda a casa - ma con il passare del tempo tutte le piccole e grandi cose che all'inizio mi sembravano stranissime sono diventate parte della mia normalità.

Lo scopo dell'anno all'estero non è quello di fuggire dalla patria o di imparare l'inglese, ma è l'incredibile sensazione di sentirsi a casa dall'altra parte del mondo, di avere un'altra famiglia e degli amici per cui daresti la vita. È vivere giornalmente una cultura fino a sentirla parte di te stesso, essere un cittadino e non un semplice turista.

Non saprei dire il giorno esatto in cui ho realizzato di essere diventata in parte anche una thai, forse quello in cui ho spontaneamente letto un cartellone per strada o chiesto al signore al mercato lo sconto su un bicchiere di coca cola. So per certo però che una dell'esperienze più belle di questo mio anno è stata partecipare alla festa della fondazione della mia città, Udon Thani.
Con un solo giorno di preavviso ho dovuto imparare un ballo tradizionale di cinque minuti da ballare nella piazza centrale, la mattina mi sono svegliata alle tre per trucco e capelli e ho indossato i vestiti thai tradizionali, così come hanno fatto i membri della mia famiglia. Abbiamo ballato a piedi scalzi nelle strade della città avvolte nel colore arancione dei vestiti e degli accessori, abbiamo pregato per la prosperità e la salute dei nostri cari. E io ero lì, ma poco importava che la mia pelle fosse chiara e i miei occhi verdi, in quel momento ero una thai proprio come tutte le altre.
Mi sono sentita a casa, mi sono sentita una cittadina. Questa consapevolezza mi ha colpita con la stessa forza di un uragano e ricordo di aver sorriso sinceramente, pensando - "Ecco perché sono partita."
Un'esperienza come l'anno all'estero non ti fa crescere solo umanamente e mentalmente, ma ti apre gli occhi sulla grandezza e la bellezza di questo mondo mozzafiato dove abbiamo la fortuna di vivere. Vivere un anno in un altro paese ti fa capire che non sono le differenze che contano, ma le similitudini che accomunano anche due persone che solo qualche mese addietro vivevano ai due angoli opposti del pianeta.
Sono partita per questo, per imparare, scoprire e diventare qualcuno che non sapevo di essere. La Thailandia ormai è casa, tutto il mondo è casa.

Carlotta

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