Intercultura: finché non ci sei dentro, non la capisci
Francesca
Da Ancona in Germania per un anno
Hallo, zusammen!
Sono Francesca, una ragazza che come voi ha frequentato, ed è tutt'ora iscritta a questo liceo, con la piccola differenza che in questo momento mi trovo in Germania.
Alcuni di voi mi conoscono (anche troppo bene), altri forse sanno chi sono, altri probabilmente non ne hanno la più pallida idea, ma non importa: questa lettera è indistintamente per tutti voi.
Confesso che è abbastanza emozionante scrivervi in questo momento, in parte perché, scrivendovi, con la mente mi sento più vicina a casa, alle persone care e ai luoghi familiari che ho salutato, in parte perché ripenso alla me di un anno fa, prima che tutto questo iniziasse.
Anche io, un anno fa, ero scompostamente seduta su una sedia dell'aula magna assieme ai miei compagni di classe e ascoltavo una lettera come questa, di una ragazza che, come me, aveva deciso di buttarsi in quest'avventura. Quel giorno non me lo scorderò mai, perché quel giorno ha preso il via una catena di eventi che avrebbero portato a una delle decisioni più importanti della mia vita.
Quel giorno per la prima volta mi hanno parlato di Intercultura. Ci è stata presentata quest'Associazione e ci è stata offerta la possibilità di buttarci in qualcosa di nuovo, unico e sensazionale: un programma di scambio scolastico e, soprattutto, culturale in un Paese straniero.
Quando ti dicono: "Ti andrebbe di passare un anno in un altro Paese?" le reazioni solitamente sono due: "Che figata, parto subito!" o "Sei pazzo, non lo farò mai!"
Intercultura non è una Associazione che ti manda in giro per il mondo, ma è qualcosa che ti entra dentro e non ti lascia più
La prima volta che mio padre mi propose di passare un anno in Germania gli dissi che non sarei mai partita, e invece… adesso vi scrivo proprio dalla Germania!
Decidere di partire per tre, sei mesi, un anno, in ogni caso SCEGLIERE di abbandonare per una volta il nostro quotidiano per buttarsi in una realtà completamente nuova non è qualcosa che si fa così su due piedi.
Io non volevo partire; avevo paura, paura di lasciare gli amici, la famiglia, il mio sport, le mie abitudini, la scuola, la mia terra... eppure adesso sono qua, in un altro stato, in un Paese con altre abitudini. La mattina mi sveglio e mi sento dire "guten Morgen", cammino per strada e leggo "Bäkerei" (forno), "Metzgarei" (macelleria), giro per strade che non sono via Garibaldi o via Mazzini, ma Schillerstr. Freiofstras. E così via.
Cosa mi ha fatto cambiare idea?
Le parole di una lettera come questa, che mi parlavano di una ragazza che, come me adesso, viveva in un famiglia che non era quella in cui era nata, andava in una scuola straniera, parlava una lingua che non era la sua. Quelle parole hanno acceso qualcosa in me, una voglia di viaggiare, di conoscere, di capire, di vivere. Una voglia che sonnecchiava dentro il mio cuore e aspettava solo di essere risvegliata.
Quella è stata decisamente la prima scintilla, ma quello che si è acceso dentro di me non si è ancora spento e non si spegnerà mai.
Se non fossi partita non avrei conosciuto tante persone che, giorno dopo giorno, diventano sempre più importanti per me
Ora, vi avranno detto sicuramente che cos'è Intercultura, ma se non ci entrerete dentro non lo capirete mai veramente. Intercultura non è una Associazione che ti manda in giro per il mondo, ma è qualcosa che ti entra dentro e non ti lascia più. Se pensate a un agenzia di viaggi che vi spedisca in qualche posto esotico a fare una vacanza, avete sbagliato indirizzo. Per me Intercultura assomiglia di più a una grande famiglia.
Come potrebbe non essere così?
Nel mio letto in Italia dorme un ragazzo americano (che potrebbe essere seduto lì con voi). Io, che ho sempre combattuto con fratelli più piccoli, adesso ho 2 Brüder (fratelli) di 18 e 21 anni e due Schwestern (sorelle) di 18 e 14 e vi assicuro non ci sono parole per descrivere quello che si prova nel sentire di aver allargato la propria famiglia. Adesso ho compagni tedeschi, non studio la Divina Commedia ma letteratura tedesca, quando faccio allenamento non c'è Massi (il mio allenatore italiano) che mi dice "alza le ginocchia", ma Lughi che mi ricorda "knie hoch!".
Sono tre settimane che vivo in Germania, la mia vita qui è appena iniziata, ma non la mia esperienza con Intercultura: quella è iniziata un anno fa nell'aula magna del mio liceo italiano.
Viaggiando in un altro Paese conosciamo meglio la nostra realtà perché la vediamo con occhi nuovi; conosciamo meglio noi stessi perché ci relazioniamo con realtà estranee che ci impongono di cercare dentro di noi qualcosa che magari non sapevamo nemmeno di avere
Lo so, la prima cosa a cui si pensa è tutto quello che lasciamo in Italia e che ci perdiamo nell'andarcene per un anno (o sei mesi) ecc., ma la verità è che, a non partire, perdiamo qualcosa di unico e ancora più grande.
È vero, non avrete un'altra occasione di fare il quarto anno in Italia, io non avrò mai condiviso con i miei compagni tanti bei momenti, ma se non fossi partita non avrei conosciuto tante persone che, giorno dopo giorno, diventano sempre più importanti per me; non avrei conosciuto nuovi posti, nuove usanze, diverse abitudini, non avrei aperto la mia mente, il mio cuore a un nuovo mondo, a il mondo. Mettersi nella predisposizione d'animo per fare un viaggio del genere significa abbattere i muri che ci circondano la mente, e non parlo solo di pregiudizi o cose simili, ma di piccole cose che, rimanendo ancorati alla nostra realtà, nemmeno notiamo - sono così ovvie e scontata da essere ai nostri occhi invisibili. Per esempio, io non sapevo di masticare rumorosamente e sinceramente non pensavo ci si potesse nemmeno fare caso!
Sembra assurdo a dirsi, ma viaggiando in un altro Paese conosciamo meglio la nostra realtà perché la vediamo con occhi nuovi, diversi, più maturi e critici; conosciamo meglio noi stessi perché ci relazioniamo con realtà estranee che ci impongono di cercare dentro di noi qualcosa che magari non sapevamo nemmeno di avere.
E' impossibile elencare tutto ciò che un'esperienza come questa comporta, bisogna provarla per capirlo. Io ve la consiglio con tutta me stessa: se dentro di voi trovate la forza per farlo, buttatevi! Non dico che sia semplice o che non comporti delle rinunce (scegliere qualcosa significa sempre rinunciare a qualcos'altro), dico solo che ne vale cento, mille, dieci mila volte la pena.
Quelle parole hanno acceso qualcosa in me, una voglia di viaggiare, di conoscere, di capire, di vivere. Una voglia che sonnecchiava dentro il mio cuore e aspettava solo di essere risvegliata
Bene, con la speranza che anche la mia lettera accenda qualche piccola fiammella, vi saluto.
Grüsse,
Francesca
Francesca
Da Ancona in Germania per un anno