Il ritorno di Rafael alla sua casa italiana

Silvia

mamma ospitante del Centro locale di Conegliano

Conoscevo da anni Intercultura e un giorno dissi a mio marito che mi sarebbe piaciuto ospitare. La sua risposta mi stupì piacevolmente: "Facciamolo. Anzi, perché non lo abbiamo ancora fatto?". Così di comune accordo compilammo il modulo on line e lo spedimmo.

Dopo un paio di settimane, i responsabili del Centro locale vennero a conoscerci e a visitare la nostra casa. Eravamo persuasi che fosse tardi e che ci sarebbe voluto del tempo prima che il nostro desiderio si realizzasse. Invece, ci contattarono per informarci che c'era un ragazzo finlandese che voleva venire in Italia. Accettammo subito.
Sorpresa delle sorprese, il giorno dopo mi scrisse la madre del ragazzo ringraziandoci molto cortesemente per aver offerto a suo figlio l'ospitalità in casa nostra.
Il giorno del mio trentottesimo compleanno il treno proveniente da Roma ci portò Rafael.
Adesso ho tre figli: una bambina alle elementari, un ragazzino alle medie e un ragazzo biondo ormai maggiorenne che vive la maggior parte del tempo in Finlandia.

Siamo entrati subito in sintonia, Rafael ed io. Inizialmente perché ero l'unica a parlare inglese e poi perché, lavorando part-time, avevo più tempo da dedicargli. Sono stata una madre a 360° e non di quelle indulgenti e accomodanti. L'ho obbligato ad andare a scuola. L'ho curato quando ha preso l'influenza. L'ho coccolato quando si sentiva solo e l'ho sgridato quando ne combinava una delle sue. Niente di grave, intendiamoci, le cose tipiche degli adolescenti: la mancanza di organizzazione, il disordine in giro per casa, il ritardo cronico in qualsiasi occasione.

Piano piano lui si è inserito in famiglia, si è fatto conoscere dai miei altri due figli e ha iniziato a instaurare un rapporto anche con il suo papà ospitante. La scena più emblematica è stata quando padre e figlio hanno trascorso un intero pomeriggio di domenica a friggere dei dolci finlandesi che stavano preparando per la festa di Natale di Intercultura.

Alla fine Rafael si era integrato con tutta la famiglia. Non solo noi, ma anche i nonni, gli zii, i cugini e gli amici che frequentano la nostra casa. Tutti hanno avuto modo di apprezzare questo ragazzo solare, gentile e animato da una genuina curiosità.

Nel complesso è stato un anno impegnativo, perché un figlio in più da gestire in tutte le sue esigenze non è uno scherzo, ma ricco di soddisfazioni. Quando se n'è andato ne ho sofferto a lungo: mi mancava il mio figlio biondo. Mio marito invece era più sereno e alla luce dell'esperienza si è detto subito disponibile ad ospitare altri studenti.
Nei mesi successivi alla partenza ci siamo tenuti in contatto via telefono, via mail o via Whatsapp.
Un anno dopo, un martedì qualsiasi, squilla il telefono verso le otto di sera. Rispondo e la voce di Rafael mi chiede cosa sto facendo. Io credevo che volesse conversare un po' invece poi mi chiede se posso andarlo a prendere alla stazione dell'autobus. Ero incredula. Pensavo scherzasse. Invece era vero e mia figlia ed io siamo saltate in macchina per andarlo a prendere. Lungo il tragitto mi chiedevo come mai fosse in Italia: se fosse venuto per l'Expo o per qualche mostra e con l'occasione fosse passato a salutare. Invece no.
Era partito da Helsinki per venire a trovarci. Aveva una settimana di vacanza e avrebbe potuto andare ovunque: ha scelto di tornare da noi. Esiste modo migliore per dimostrare l'affetto?
Il ritorno di Rafael è stato un evento eccezionale che ha portato tanta gioia. Ora è ripartito e non faccio che riflettere sul valore di questa esperienza con Intercultura. Devo ringraziare tutti i volontari per l'aiuto che ci hanno dato quando era qui e per averla resa davvero un'esperienza che cambia la vita.
È incredibile il legame che si crea in un anno di convivenza e, a distanza di quindici mesi dalla partenza, è stato stupefacente vedere cosa ne era rimasto. Un quadro che ha stupito sia noi che Rafael stesso.
Per noi vederlo girare per casa è stato come tornare alla normalità, come se fosse stato semplicemente in vacanza e fosse tornato a casa. Come se in famiglia fossimo in cinque, né più né meno.

Era sempre lui, eppure era cambiato, maturato, più attento nei nostri confronti, senza dare nulla per scontato, come invece accadeva talvolta quando viveva qui. Era come se fossimo più in sintonia e lui sapesse capirci meglio di prima. Si faceva scrupolo persino di chiedere di accompagnarlo in aeroporto, perché dista un centinaio di chilometri da casa nostra. Gli abbiamo risposto che anche Helsinki è lontana, eppure lui era arrivato fin qui. Noi potevamo di certo percorrere cento chilometri per portarlo in aeroporto.
Durante la settimana trascorsa in Italia Rafael ha fatto i conti con la sua esperienza qui, una specie di bilancio. Ad esempio ricordava quanto avessi insistito sull'importanza della scuola, soprattutto durante i primi mesi. Solo adesso si è reso conto che, ascoltandomi e impegnandosi, si era guadagnato la stima degli insegnanti e dei compagni, oltre ad avere imparato nozioni importanti in prospettiva di un lavoro futuro. Il ritorno in Italia gli ha dato prova di quanto avesse "seminato" nell'anno trascorso in Veneto. I suoi insegnanti lo hanno accolto con calore, invitandolo a tornare e a tenersi in contatto. I suoi compagni lo hanno cercato e, a più riprese, si sono fatti vivi per trascorrere del tempo con lui. Gli amici che aveva incontrato qui in paese hanno fatto a gara per vederlo e organizzare serate in compagnia, fino all'ultimo giorno. Per non parlare dei nostri parenti, che lo hanno rivisto tutti con grande gioia.
Personalmente l'impatto con il suo ritorno è stato molto forte: trovarmelo davanti, guardarsi negli occhi e capirsi, senza parole, è stata la misura di quanto fossimo, e siamo, legati nonostante la lontananza.
Per mio marito è stato sconvolgente accorgersi, forse per la prima volta, di quando sia affezionato a quel ragazzo biondo. In questi giorni hanno avuto modo di stare insieme, lo ha portato in giro, gli ha prestato la macchina, lo ha vissuto con autentica gioia. Vederlo andare via stavolta lo ha emozionato di più di quando era ripartito l'anno scorso e non pensavamo che lo avremmo più rivisto.

Probabilmente non sempre le famiglie ospitanti riescono a vivere questa esperienza come abbiamo avuto la fortuna di fare noi.
Sono però convinta che sia questa l'essenza dell'ospitalità e che, al di là dei volantini pubblicitari, siano queste relazioni che si vorrebbero instaurare sempre, perché arricchiscono e danno valore all'adesione al programma di ospitalità.

Credo che, in generale, la vita regali di rado emozioni così forti ed io sono certa di non aver mai provato una felicità così grande e inaspettata, come è accaduto con il ritorno di Rafael alla sua casa italiana.

Silvia con Mauro, Alessandro e Letizia

Silvia

mamma ospitante del Centro locale di Conegliano

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