Dialogare per creare alleanze

Intervista a Andrea Luciani

Ex partecipante in Nuova Zelanda, volontario di Roma e ora funzionario delle Nazioni Unite

Questa è una delle 17 interviste a ex partecipanti ai programmi di Intercultura che attualmente si occupano di progetti "sostenibili" che rispondono agli obiettivi proposti dalle Nazioni Unite con l'Agenda 2030. Intercultura ha aderito all'Alleanza Italiano per lo sviluppo Sostenibile (ASVIS), l'iniziativa nata per far crescere nella società italiana la consapevolezza dell'importanza dell'Agenda globale per lo sviluppo sostenibile.


Obiettivo 17 - Partnership per gli obiettivi. Rafforzare i mezzi di attuazione e rinnovare il partenariato mondiale per lo sviluppo sostenibile.


Intervista a Andrea Luciani, ex borsista in Nuova Zelanda per sei mesi nel 2008.
Nato italiano, vive da cittadino del mondo con casa e cuore a Roma, lavora come funzionario delle Nazioni Unite, ma batterista, chef e sportivo per diletto! Ama moltissimo le lingue, non si ferma quasi mai e nel suo zaino non puo’ mai mancare un bel romanzo giallo.
Su una nota un po’ più biografica, ha studiato fra Roma e Parigi Scienze Politiche e Relazioni Internazionali per poi prendere servizio come funzionario delle Nazioni Unite, prima in Egitto al Cairo, poi in Sud Sudan, a Juba, durante le negoziazioni per la fine della guerra civile, e attualmente a Ouagadougou in Burkina Faso, nel mezzo del Sahel.





Con il tuo lavoro, come ti colleghi all’obiettivo 17? Di cosa ti occupi in Burkina Faso?
Sono 7 anni che presto servizio per le Nazioni Unite in diversi contesti, con un ruolo di responsabilità crescente nel settore delle relazioni esterne e partnership. In pratica, il mio compito è di assicurare che le Nazioni Unite possano operare efficacemente in un paese, attraverso la stipula di accordi tecnici e/o finanziari con ambasciate, governi. Ad oggi, sono a capo del team Relazioni Esterne e Partnership dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) in Burkina Faso. Per un esempio concreto, nell’ambito della lotta alla malaria, ho potuto assicurare diversi finanziamenti da paesi come l’Italia o gli Stati Uniti per la ricerca sul vaccino anti-malarico, nonché per l’acquisto di medicine antimalariche, e reti impregnate di spray insetticida da installare nei reparti di ginecologia degli ospedali locali.
L’obiettivo 17, è l’ultimo fra gli obiettivi per lo sviluppo sostenibile, ma non per importanza. Infatti, è l’obiettivo essenziale per la realizzazione di tutti gli altri. Senza dialogo fra governi, senza alleanze fra tutti i paesi, come si possono risolvere problemi globali, come la crisi climatiche, la malnutrizione, le disuguaglianze di genere o la povertà estrema? Ecco il mio lavoro si potrebbe dire che supporta e concretizza il dialogo e le alleanze (partnerships) fra diversi attori. Un po’ come Intercultura!

Ci sono delle azioni o attenzioni che possiamo mettere in atto quotidianamente per avvicinarci all’obiettivo 17?
Certo! E Intercultura già in parte lo fa. Dobbiamo fare di più per sensibilizzare tutti, che i maggiori problemi del mondo vanno ben oltre i nostri confini, e possono essere affrontati solamente attraverso uno sforzo comune: uniti!
Purtroppo, la pandemia ci ha insegnato che non basta “chiudere” i confini per tenere fuori i problemi. Quello che possiamo fare ora è imparare da ciò che è successo e incoraggiare la cooperazione internazionale, il dialogo e i partenariati come la via principale per uno sviluppo equo e sostenibile.

Cosa significa per te Intercultura e quanto ha influito nel tuo percorso accademico e professionale?
Intercultura è stata una tappa fondamentale per la mia crescita personale e le mie scelte professionali. Non solo l’esperienza di scambio, ma più di 10 anni di volontariato nel Centro locale di Roma mi hanno insegnato tanto in termini di educazione interculturale. In più, mi hanno dato delle soft skills di sensibilità nel relazionarmi con il prossimo, anche di un’altra cultura, che ancora oggi, mi permettono di essere a mio agio, davanti a un capo villaggio nel Sud Sudan rurale, assistendo a una cerimonia di benvenuto o a un incontro formale con una delegazione asiatica. Sono cose che non si possono imparare sui libri e mi sento molto fortunato a essere stato esposto a Intercultura, quindi grazie mamma e papà!


Cosa diresti alle ragazze e ai ragazzi che hanno vinto un programma Intercultura?
I am the master of my fate, I am the captain of my soul”. Sono le due linee conclusive del sonetto Invictus, di Henley, una delle mie poesie preferite. Vogliono dire che siamo padroni del nostro destino e durante il programma Intercultura si è proprio così: si arriva in un nuovo contesto e si può essere come si vuole, riplasmarci, poiché nessuno vi conosce. Quindi siate padroni del vostro destino!

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